giovedì, Marzo 28, 2024
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WWE: Ex coach dice che era difficile lavorare con Enzo Amore e Charlotte

L’ex allenatore della WWE e del WWE Performance Center, Matt Wichilinski, ha di recente rilasciato un’intervista con The Two Man Power Trip of Wrestling, in cui ha parlato delle difficoltà che ha incontrato come allenatore, soprattutto con alcune “teste calde” di nostra conoscenza in particolare…

La transizione dalla FCW ad NXT e il Performance Center:

E’ stato molto difficile quando ho iniziato. Ho cominciato praticamente quando la sede era ancora a Tampa. Quindi sono stato a Tampa per i primi tre o quattro mesi prima che la sede si trasferisse ad Orlando. Lo stabilimento era ancora in fase di costruzione e non avevamo una palestra in cui andare, perciò ho fatto del mio meglio per trovare una struttura, andavo in giro per la città per cercare dei posti, come la palestra locale Powerhouse Gym, e ho trovato un posto in un area che era perfetta per dove ci trovavamo. Portavo i gruppi nei parchi e i ragazzi mi odiavano per questo. Pensavano che fossi uno stronzo che non sapeva fare nulla perché gli facevo fare trazioni alla sbarra e flessioni e ginnastica calistenica in un parco. Avevo una Kia ai tempi e la caricavo dal mio appartamento fino al parco e mi facevo aiutavo dai ragazzi a scaricare l’attrezzatura, e loro pensavano che ero uno stronzo, ma per me sollevare i sacchi di sabbia, sollevare i kettlebell, le trazioni alla sbarra, i dip e tutte queste cose sono gli esercizi più importanti, ma loro volevano solo essere “pompati” e si sono sentiti degli imbranati, non erano convinti di quello che facevo. C’erano alcuni ragazzi però a cui piaceva e dicevano: “Davvero ci pagano per allenarci al parco e prendere un po’ di sole?” Ma non è che avessi altre opzioni a quei tempi, stavo aspettando che ci dessero una palestra e cercavo di instaurare dei rapporti con delle persone che non conoscevo.

E’ stato difficile fargli capire che stavi facendo i loro interessi?

E’ stato davvero difficile convincerli, la gran parte di loro poi aveva le sue ragioni per essere lì. Non assumono persone che sono messe male fisicamente, 99 persone su 100 hanno già un bel fisico. Le “divas” che arrivano sono per la maggior parte modelle. Le ragazze sono già sexy e i ragazzi sono già degli stalloni, non assumono pagliacci che devono modellare a vuoto. Sono già ben piazzati e si chiedono che cosa gli andrai ad insegnare.

Fare passi avanti e aspettare una loro risposta:

Quelli che sono riuscito ad aiutare erano quelli con la mentalità più aperta e che volevano imparare, non fare solo quello che sapevano fare loro, sapevano che c’erano cose da imparare. Erano come delle spugne e questi sono alcuni tra i migliori atleti. Guardate Chad Gable e Jason Jordan, volevano imparare e aspettavano sempre un tuo suggerimento mentre si allenavano. E’ così che capisci che stai davvero aiutando qualcuno. Invece c’erano altre persone che, se avevano le loro convinzioni, si mettevano le cuffiette e si chiudevano nel loro piccolo mondo. Il che potrebbe andare anche bene in certi casi, ma non al Performance Center. Non puoi imparare qualcosa se non ascolti e ti metti le cuffiette alle orecchie e fai a modo tuo.

Talenti che si sono opposti ai suoi insegnamenti:

Quello più evidente era Enzo Amore. Si era allenato con Joe DeFranco per molti anni prima di arrivare al Performance Center. Joe DeFranco è il personal trainer di Triple H. Joe è un ragazzo fantastico ed è un ottimo allenatore e Enzo si era allenato con lui per un po’ di anni, ma non è un ragazzo che ascolta molto. Ha delle discrete abilità tecniche (ha giocato a football al college), ma è difficile allenarlo. Non solo in palestra, ma anche sul ring. Parlando con altri coach con cui ha lavorato, e ha lavorato con tutti i coach che c’erano per tre o quattro anni, Norman Smiley, Bill Demott e gli altri, tutti concordavano nel dire che era davvero una spina nel fianco. Alcune volte è grandioso, altre volte è una spina nel fianco. E’ uno di quelli che, siccome è stato allenato da DeFranco, pensa di sapere tutto. Io faccio molte cose simili, se non uguali, a DeFranco, ma altre sono semplicemente diverse. Tu le hai fatte in un modo diverso e io ti sto chiedendo di farle a modo mio, ma solo perché io sto cercando di costruire una cosa diversa. Tutti quelli che lo conoscono sanno che Enzo è un ottimo personaggio e un bravo ragazzo, ma sa essere una spina nel fianco a volte, non sempre però. Lo so per certo. E’ come se provi ad allenare qualcuno e gli ripeti 10 o 12 volte e lui non ti ascolta, non si correggono o si correggono solo se sei davanti a loro. Anche Charlotte era così. Non era proprio una spina nel fianco, ma solo perché è un’ottima atleta, però non era la migliore atleta femminile, era solo una delle migliori. Sa fare tuffi acrobatici e tutte quelle cose, ma a volte volevi qualcosa di più specifico e lei non era semplicemente dell’umore giusto e faceva a modo suo. Cosa dovevo fare con Charlotte? Era già un’ottima atleta così. E’ slanciata, talentuosa, a volte devi decidere quali battaglie vuoi prendere e quali lasciare perdere. Il problema più grande è quando chiudi un occhio per qualcuno e allora tutti vorrebbero che chiudessi un occhio anche per loro.

Come venivano gestiti internamente i problemi e il coinvolgimento di Triple H:

Non è che mandavo un messaggio a Triple H e gli dicevo “Tizio e Caio non stanno facendo i loro esercizi”. Dovevo occuparmene io assieme agli altri allenatori, ci incontravamo ogni settimana e si parlava dei problemi. Tutti gli allenatori sono sulla stessa lunghezza d’onda e sanno come vanno le cose sul ring, in palestra, nella stanza della fisioterapia e dietro le quinte con Ryan Katz per i promo o con Dusty Rhodes, quando c’era. Se c’era qualcosa che non andava andava scritto nel verbale settimanale, se era un problema che non potevi risolvere da solo allora lo si riportava. Io lo riportavo al mio capo, Bill Demott o Matt Bloom, e ai miei colleghi allenatori così che sapessero come affrontarlo e potevamo essere tutti sullo stesso piano. Ma non è mai stata una cosa esagerata (con Enzo) al punto tale che volevo fargli un dropkick in faccia. Devi anche capire in che posizione sei tu e quello che stanno facendo questi ragazzi. Gli viene costantemente detto cosa fare, quindi non posso biasimarli troppo. Ho iniziato a chiamarlo Sinatra alla fine, perché alla fine faceva sempre le cose alla sua maniera (riferimento alla canzone di Frank Sinatra “My Way”, che in italiano significa “a modio mio”) . Molte delle stronzate che faceva erano sbagliate e basta. Palesemente sbagliate. Che stesse subendo una mossa o qualsiasi altra cosa, ma guardatelo adesso. Ha fatto a modo suo e ora è lì, in alto, a fare soldi e ha una vita da invidiare. Se la ride e si sta divertendo, perciò complimenti a lui. E’ uno di quelli che è riuscito a farcela a modo suo ed è stato ripagato. Qualcun altro sarebbe stato licenziato al suo posto, chi può dirlo, non sto cercando di dargli contro.

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