mercoledì 20 Novembre 2024
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Addio ad Undertaker, ultima icona di un wrestling sepolto
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All’età di 55 anni Mark William Calaway ha deciso di svestire i panni di The Underaker, ormai troppo pesanti da portare, resi ancor più insopportabili dal peso degli infortuni e delle aspettative. Ha annunciato il suo ritiro dal ring nel silenzio, senza celebrazioni sul quadrato tra cori del pubblico che tanto lo ha amato, ma semplicemente alla fine di un documentario sulla sua carriera.
Asettico e silenzioso.
Ma, del resto, non potevamo aspettarci altro da lui, che del silenzio ha fatto un marchio di fabbrica, un timido amico che lo ha fedelmente accompagnato durante tutta la sua lunghissima e soddisfacente carriera: c’era il silenzio a scortare ogni sua entrata scenica; c’era il silenzio a regnare nello stadio in cui la leggendaria Streak si è interrotta; e c’è il silenzio ora, in questo momento solenne che sa di lacrime e gioia allo stesso tempo.
Forse non vedremo più The Undertaker combattere su un ring di wrestling, così oggi più che mai dobbiamo soffermarci ad analizzare cosa ci ha lasciato in eredità questo grandissimo atleta e cosa porta via con sé nell’ora del suo ritiro.
Perché una cosa è certa: The Undertaker era l’ultima icona di un wrestling ormai sepolto, che sente risuonare l’ultimo rintocco proprio con il suo abbandono.

The Undertaker debutta nel 1987 e solo tre anni dopo è già alla corte di Vince McMahon, nella vecchia WWF. Nella sua carriera più che trentennale ha vinto molto, anche se difficilmente ricorderemo il Becchino per i riconoscimenti e le cinture che ha messo in bacheca. No, Mark ha fatto qualcosa di più importante, ha istituito lui stesso un titolo per cui combattere.
Grazie alla sua impressionate serie di vittorie nello show più importante del mondo del pro wrestling, Wrestlemania, The Undertaker è riuscito nell’inedita impresa di diventare egli stesso simbolo di un traguardo, meta ambita per ogni lottatore che volesse provare a rompere la famosa Streak che per 3o anni si è nutrita delle vittime che il Phenom mieteva sul ring. Tre decenni, in questo periodo lunghissimo si dipana la leggenda di Taker: 21-0 è il risultato da ricordare per sempre, il punto esatto in cui qualcosa si è rotto per sempre nella vita professionale di Mark.

Il 6 aprile del 2014 va in scena un evento memorabile e attesissimo, la trentesima edizione di Wrestlemania. Lo show indossa l’abito da festa migliore, presentando una card ricca di grandi incontri e, come sempre, la costante di Taker è presente. Dovrà affrontare, in quella notte che già inizia ad odorare di Storia, niente meno che Brock Lesnar.
Inutile dire che, nonostante lo status incredibile che Lesnar poteva vantare in quel periodo e che ancora oggi continua, le scommesse sono tutte a favore del Phenom. Difficilmente si poteva prevedere ciò che sarebbe accaduto dopo quei 25 minuti di match, minuti che hanno il colore del buio per Mark Calaway, che non ricorderà nulla né del match né della giornata precedente a causa di un colpo alla testa ricevuto sul ring.
Alla fine della lunga guerra tra i due a uscire trionfante è Lesnar, tra lo sgomento del pubblico. Non suona nessuna theme song, la campanella solo decreta la morte della Streak. 
Silenzio.

Quella notte scopriamo due cose:
1)La serie di vittorie di The Undertaker è finita, davvero (vale la pena ripeterlo ancora e ancora);
2)The Undertaker è un mortale, come tutti invecchia, come tutti fallisce.
Wrestlemania XXX segna un punto di non ritorno di grande importanza nella carriera di Mark, il momento in cui il personaggio che per anni è riuscito a preservare in tutto il suo alone di mistero e brividi lungo la schiena inizia lentamente a sgretolarsi, già si vedono le prime crepe foriere del disastro.

Da quel momento, come lui stesso confessa nel documentario, salire su un ring di wrestling non sarà più lo stesso per Taker. La paura di infortunarsi gravemente è tanta, ma è comunque nulla rispetto alla paura più grande che serba nel cuore: deludere i propri fan, coloro che con ansia e trepidazione attendevano quel suo match ogni anno. E i fan non lo hanno abbandonato nemmeno dopo la rottura della Streak, sono rimasti fedeli discepoli del suo personaggio ma anche della sua persona.
L’allontanarsi di Taker dal personaggio che l’ha sempre contraddistinto può essere rilevato in altri due momenti molto recenti quanto decisivi: a Wrestlemania 36 sconfigge Aj Styles seppellendolo vivo e seppur questa azione potrebbe tratte in inganno, in realtà non veste i panni del Becchino, ma quelli del Biker, un po’ impolverati e quasi dimenticati. L’ultimo segnale arriva, e non è un caso, proprio dal documentario: per la prima volta Mark si racconta, narra le vicende che c’erano dietro ogni match che ha disputato negli ultimi anni, apre il suo cuore e mostra le emozioni che ha dentro. E lo fa da Mark Calaway, non da Undertaker.

La transizione ormai è completa, i panni del Phenom sono dismessi e resta solo il nocciolo, la parte più importante: niente più personaggio, solo persona.
La decostruzione del mito di The Undertaker è completata sotto gli occhi attenti del mondo. L’unica cosa che conta è cullare nella nostra memoria di fan ciò che questo personaggio è significato per tutti noi, come ha cambiato il mondo del wrestling e tutta la cultura pop degli anni in cui è stato attivo.

Quindi, con il suo ritiro cosa porta via The Undertaker dal mondo del wrestling e cosa ci lascia?
Ci lascia una carriera sfolgorante, la più lunga in WWE e probabilmente la più memorabile. Ci lascia la sua Streak, piena di match meravigliosi (qualcuno ha detto Shawn Michaels?). Ci lascia le palpitazioni per le sue entrate e la tristezza del suo addio.

Ciò che più importa, però, è cosa si porta via.
The Undertaker era davvero l’ultima icona di un wrestling ormai antico, che viene sepolto in maniera molto poetica proprio da un Becchino, nel giorno del suo ritiro.
Un wrestling di altri tempi, fatto di mosse semplici eppure molto sceniche, un wrestling in cui una gimmick gestita a dovere era più importante del numero di Superkick messi a segno in un match. Un wrestling in cui uno sguardo di The Undertaker, una rotazione degli occhi o il gesto di togliersi il cappello con solennità valevano più di qualsiasi altra emozione, perché dietro ogni gesto simile c’era una storia, c’era un motivo.
Credo che se oggi ci capitasse di ammirare all’opera un nuovo Taker, un personaggio che si propone al pubblico come lui si proponeva all’inizio della carriera, nessuno se ne accorgerebbe. A nessuno piacerebbe il suo stile di lotta, la camminata sulla corda sembrerebbe lenta, macchinosa e poco credibile. I guru del Wrestling Web sputerebbero sangue e veleno per criticarlo.
Questo perché ormai siamo figli di un wrestling diverso, che ci piaccia o meno. 

Ringraziamo The Undertaker, ringraziamo soprattutto Mark Calaway, per la fatica sostenuta pur di offrirci intrattenimento e per ogni match in cui ci ha lasciato sospesi tra meraviglia e paura. Ringraziamolo ora, perché Wrestlemania senza di lui non sarà più la stessa.
E chi lo sa, magari non siamo davvero alla fine, magari un ultimo match potrebbe davvero esserci, se Vince McMahon lo riterrà giusto.
Per ora, pero, salutiamo The Undertaker, forse il miglior wrestler che la storia ha potuto ammirare.

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