Breve guida introduttiva a chi non conoscesse Filippo Malvezzi:
– primo e per ora unico non-wrestler italiano ad essere stato convocato per un provino dalla WWE
– primo e per ora unico non-wrestler italiano ad aver allenato presso una scuola messicana
– per ora unico addetto ai lavori europeo – con base in Europa – formato dalla Samoan Dynasty
– lavorato singole date o inserito in program di più mesi negli Stati Uniti, Messico, Inghilterra, Belgio, Germania, Grecia e Italia
– lavorato con e imparato l’arte del professional wrestling da circa una quarantina di ex WWF/E, WCW, NWA, ECW e TNA
Filippo, al tryout WWE di Glasgow, Novembre 2016,tutto a sinistra con la divisa da arbitro
Ora che abbiamo presentato il nostro ospite, possiamo partire!
Diego: Ciao Filippo, benvenuto sulle pagine di Spaziowrestling.it. Ho deciso di intervistare te, subito dopo Karim Brigante, perché forse, magari togliamo il forse, hai vissuto l’esperienza più folle, specialmente nel momento in cui in Italia esplodeva la crisi covid 19. Ci puoi dire dove ti trovavi e perché?
Filippo: Ciao Diego, grazie per l’invito!
Si, sia Karim che io ci trovavamo nelle Americhe già prima dello scoppio della crisi dovuta al COVID-19.Nello specifico lui si trovava negli Stati Uniti e io in Messico.Inutile dire che entrambi ci trovavamo lì per il Professional Wrestling!!!
Diego: Ecco, il Messico. Sbaglio o non è una scelta solitamente usuale per un italiano, wrestling parlando?
Filippo: Precisamente! E proprio questa è stata la ragione che mi aveva portato lì: quasi nessun europeo proveniente dal mondo del Professional Wrestling bazzica per il Messico, tanto meno gli italiani.
A memoria c’era già stato qualcuno, ma per una toccata e fuga. Nel mio caso la mia trasferta era di qualche mese. Peccato sia stata interrotta proprio dall’emergenza Coronavirus: ho dovuto letteralmente fuggire, prima di trovarmi bloccato lì senza i benefit dell’assicurazione sanitaria europea.
Questo perché, per quanto fossi in possesso di un’assicurazione privata, innanzitutto questa non contemplava la pandemia (tutt’ora a Maggio 2020 leggo che non tutte le assicurazioni private sono pronte a coprire eventi del genere) e in secondo luogo l’America Latina è un’area di mondo particolarmente complicata a prescindere: figuriamoci con lo scoppio di un’epidemia del genere!
Aveva dunque senso tornare in Europa il prima possibile e così in effetti è stato.
Saggiamente, aggiungo, perché vedo che laggiù le cose si stanno mettendo male.
Diego: In che zona del Messico ti trovavi, quali esperienze di Lucha libre sei riuscito a fare e che percezione si aveva in quella nazione riguardo il Covid?
Filippo: La mia base principale è stata a Guadalajara, nello Stato di Jalisco, la seconda città più importante del Paese.
Ho lavorato presso la Arena Roberto Paz, storica venue seconda solo all’arena Coliseo, allenando i ragazzi e partecipando ad uno show come manager affiancando Steve Paine (famoso per aver interpretato Pindar in Lucha Underground).
Proprio grazie anche a quell’apparizione stavo per avviare nuove collaborazioni, ma ahime il Covid-19 ha stroncato tutto.
La percezione – all’epoca – era pressoché inesistente.
Nessuno se ne preoccupava, ma va anche detto che le notizie provenienti dall’Europa erano abbastanza scarne.
Qualche giorno dopo il mio rientro in Italia, hanno iniziato anche loro con dei timidi tentativi di lockdown e con la cancellazione degli spettacoli di lucha libre.
Filippo in azione come Mr Malvezzi, manager heel, con Pindar di Lucha Underground
Diego: Possiamo ipotizzare quindi che le tue apparizioni in Messico non si sarebbe assolutamente fermate lì allora!
Hai avuto il tempo di conoscere o poter condividere il backstage con qualche nome di rilievo della CMLL O AAA o comunque di importanza primaria del contesto messicano?
Filippo: Si, con El Satanico, che per chi non lo sapesse è uno dei grandi nomi della vecchia guardia messicana e che lavora con il CMLL.
Paine stesso lavora con la AAA e parte della squadra all’Arena Paz è coinvolta negli eventi della Triple A.
In queste occasioni è importante saper parlare fluentemente lo spagnolo latino, perché – a parte qualche rara eccezione o gli stranieri come me o Paine – il livello dell’inglese laggiù è piuttosto basso.
Anche la terminologia lì è diversa e utilizzano formule puramente in spagnolo, dunque bisogna arrivare quanto meno psicologicamente preparati a un contesto molto diverso.
Filippo che allena i giovani luchadores nella storica arena Roberto Paz
Diego: Ok le difficoltà che ci hai illustrato, ok il diversi adattare ad un contesto totalmente nuovo, ma chi ti segue su Facebook sa che la vera impresa è stata tornare in Italia, o sbaglio?
Filippo: Si, decisamente!
A un certo punto avevo ricevuto un’email da parte di Alitalia che mi avvisava della cancellazione del volo previsto per il mese dopo.
E dunque mi ero allarmato, perché avevo previsto lo scarso supporto da parte di ambasciate, consolati e Farnesina (tutt’ora ci sono molti italiani bloccati in Messico).
Fortunatamente mi so muovere abbastanza agevolmente e mi sono potuto arrangiare tra aerei e treni.
Il mio viaggio di ritorno – durato 3 giorni – è stato il seguente: Guadalara => Città del Messico => Amsterdam => L’Aia => Bruxelles=> Roma => Mestre.
Lungo e stancante, ma assolutamente in sicurezza con mascherina e tutto il resto.
Poi ho fatto di buon grado la mia quarantena ed eccoci qua.
Diego: Ad oggi in Italia non sono ammessi eventi di wrestling, così come in tutta Europa. Come vedi il processo che porterà a ripartire e soprattutto, secondo te, cosa deve fare il wrestling italiano per farlo al meglio?
Filippo: Non ho davvero la più pallida idea di quando ripartiremo, né come.
IPOTIZZANDO che prima o poi si torni come prima, ciò che dobbiamo è ripetere quello che facevamo prima, migliorandolo!
Più budget pubblicitario, più qualità davanti al pubblico e via.
Diego: Ti faccio un’ultima domanda: Hai avuto esperienze praticamente in tutta Europa, quanto siamo distanti a livello di wrestling da paesi come Inghilterra e Germania e non è un po’ limitante nascondersi dietro alla locuzione:”è una questione di cultura”?
Filippo: Lo è. Si tratta di una scusa bella e buona.
Il professional wrestling funziona ovunque nel mondo.
Inoltre se anche UN solo evento indipendente ha fatto certo numeri in Italia (ed è successo, con la NWE), allora vuol dire che è possibile ottenere risultati anche da noi.
Non è facile e penso che sia una maratona, ma sono convinto si possa fare.
A livello qualitativo, non siamo affatto lontani dagli altri europei.
Anzi, spesso mi verrebbe da dire che ce la caviamo anche meglio.
Bisogna premere l’acceleratore sugli aspetti più lacunosi, piuttosto, come la presentazione e promozione. “Tutto qua”, detto rigorosamente tra virgolette.
Malvezzi che festeggia con Chris FN Steel e Flavio Augusto al momento della loro vittoria dei titoli mondiali di coppia nella NEW, 02/11,2019, promotion di Alex Wright(ex WCW)
Diego: Detto ciò, ti ringrazio a nome dello staff di Spaziowrestling.it e ti invito a salutare i nostri lettori
Filippo: é stato un piacere, alla prossima e un saluto a tutti i lettori!
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